venerdì 20 novembre 2009

Lettera aperta ai cittadini



Caro cittadino,

stanno svendendo anche l’acqua di queste terre, stanno trasformando un bene comune universale in una merce utile per i profitti di pochi; hanno espropriato le competenze degli enti e delle comunità locali predicando federalismo e praticando centralismo ed invece di migliorare e qualificare il servizio idrico pubblico lo affidano ora ai privati per far pagare in futuro i costi di investimenti e i profitti gestionali ai cittadini tramite l’incremento delle tariffe.

Per portare avanti questo disegno speculativo le forze di governo non si sono fatte scrupolo di agire con inganno:

  • hanno cercato di farci credere che questo era un provvedimento dovuto per rispettare obblighi comunitari e sentenze della Corte di Giustizia; ciò è falso perché su tema del servizio idrico non c’è alcun vincolo comunitario visto che viene garantita ampia discrezionalità ai singoli Paesi in merito alla definizione dei servizi e alle relative modalità organizzative.

  • hanno scelto lo strumento del decreto legge e poi addirittura hanno posto la fiducia sullo stesso perché non c’erano tempi sufficienti per altre procedure: anche questo è falso perché in materia di gestione dei servizi locali non c’era alcuna “necessità ed urgenza”; in realtà ponendo la fiducia si è impedito di dibattere e di votare sulle decine di emendamenti presentati proprio in tema di gestione dell’acqua.


I parlamentari bellunesi della Lega e del PdL hanno votato schierati ed allineati con il Governo ed ora nel territorio magari ci diranno che si impegneranno per ottenere qualche piccolo cambiamento a questo enorme pasticcio.

I vertici del Bim ci dicono di non gridare al lupo, che tutto funziona bene e che nessun privato è interessato al servizio idrico e all’acqua di queste montagne: ma si dimenticano di ricordare che anche recentemente c’è stato un tentativo di aggregazione degli Ato e di denunciare che in questo decreto non si auspica una presenza del privato ma la si “impone” per legge nella dimensione non inferiore al 40%. Sono indicate delle possibili deroghe ma queste sono soggette alla verifica dell’Autorità garante della concorrenza, vale a dire di chi è preposto a favorire la competitività del mercato.

Le nostre proposte alternative che hanno vista l’adesione di migliaia di cittadini bellunesi erano e sono invece semplici e chiare:

  1. definire anche negli statuti comunali che l’acqua è un bene comune e un diritto universale e non una merce;

  2. considerare il servizio idrico integrato un servizio locale di interesse generale, privo di rilevanza economica atto a garantire l’accesso all’acqua in modo solidale ed efficiente a tutti i cittadini che va gestito in modo partecipativo da soggetti di diritto esclusivamente pubblico;


Su questi obiettivi e su questi temi continueremo la nostra mobilitazione a fianco di quei comuni che intendono riappropriarsi di una piena podestà sulla gestione dell’acqua e di quelle regioni che intendono attivare ricorsi di legittimità nei confronti di questo provvedimento: perché l’acqua oltre che vita è anche democrazia.


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